Marcella Raiola - 30-07-2012
Ore 2,40 del 26 luglio: Poche ore e sarò seduta davanti ad una quarantina di deputati ai quali dovrò illustrare quell'idea di scuola un po' giubilata, della cui funzionalità alla democrazia compiuta e reale, tra tante magagne e tanto scoramento (alunni svogliati e insolenti, presidi ignoranti o furboni, colleghi maligni e scansafatiche) c'eravamo quasi scordati, rischiando di gettarci nelle braccia di chi, col pretesto di "implementare" i nostri risultati, vorrebbe scaricare economicamente l'onere dell'istruzione su chi lo troverà un buon affare.
Ho pensato a tutt'altro, finora: alla redazione e revisione del documento programmatico; alla difesa del testo dai tentativi di uso improprio; alla dolorosa esclusione di chi avrebbe voluto essere parte di quelle rivendicazioni, che però dovevano essere ridotte all'essenziale e presentate al netto di ogni dettaglio tecnico che potesse compromettere l'eventuale esito, visto che da anni siamo in trincea e non riusciamo a uscirne; al perché ci abbiano spostato l'audizione alla mattina, proditoriamente e inopinatamente; ad avvisare tutti quelli che s'erano impegnati a venire al presidio; a rispondere alle telefonate di altri membri della delegazione ("Che dici, lo diciamo? Che dici? Lo trascuriamo? Che dici? La menzioniamo, la 449/97? Che dici? Ci sarà Profumo?"); a rispondere alle telefonate di chi, convinto che l'ingresso nel Palazzo del potere costituisse di per sé la garanzia di una vittoria, ha chiesto di menzionare questo o quel problema, convinto che fosse, che sia il problema-chiave, quello che, una volta risolto, porta alla panacea di tutti i mali, come in una "cascata" di armonie compresse...
Ho pensato a tutt'altro, finora: alla redazione e revisione del documento programmatico; alla difesa del testo dai tentativi di uso improprio; alla dolorosa esclusione di chi avrebbe voluto essere parte di quelle rivendicazioni, che però dovevano essere ridotte all'essenziale e presentate al netto di ogni dettaglio tecnico che potesse compromettere l'eventuale esito, visto che da anni siamo in trincea e non riusciamo a uscirne; al perché ci abbiano spostato l'audizione alla mattina, proditoriamente e inopinatamente; ad avvisare tutti quelli che s'erano impegnati a venire al presidio; a rispondere alle telefonate di altri membri della delegazione ("Che dici, lo diciamo? Che dici? Lo trascuriamo? Che dici? La menzioniamo, la 449/97? Che dici? Ci sarà Profumo?"); a rispondere alle telefonate di chi, convinto che l'ingresso nel Palazzo del potere costituisse di per sé la garanzia di una vittoria, ha chiesto di menzionare questo o quel problema, convinto che fosse, che sia il problema-chiave, quello che, una volta risolto, porta alla panacea di tutti i mali, come in una "cascata" di armonie compresse...